“C’era una volta un capannone nel centro storico di Genova…”, si la descrizione di questo progetto incomincia proprio così con “c’era una volta”.

Il capannone in esame è un semplice capannone costruito in maniera semplice, forse con con parti di recupero nell’immediato dopo guerra, ed è collocato ed incastonato all’interno del tessuto urbano della città, nel “castrum” ovvero la parte più antica dove tutto iniziò.

Il sedime era stato luogo di bombardamenti bellici e aveva dato la possibilità di “nuove costruzioni” e questa è una di quelle.

L’edificio fu acquistato dall’artista scenografo Lele Luzzati e venne utilizzato da subito come laboratorio e soprattutto fucina per le sue invenzioni e interpretazioni scenografiche per gli spettacoli del Teatro della Tosse che era ed è nelle immediate vicinanze oltre che esportarle in teatri in tutta Italia.

Il laboratorio viene donato da Luzzati al Teatro delle Tosse da lui stesso fondato con Tonino Conte insieme a Aldo Trionfo.

Negli anni le scenografie sono sempre meno richieste dal mercato, così pur permanendo come attività principalmente interna al Teatro e in tale contesto il presidente della neo nata Fondazione Teatro della Tosse Emanuele Conte cerca una via di uscita, una valorizzazione del patrimonio pur non negando la volontà di continuare a creare e produrre attività artistica mediante la scenografia.

In tale contesto nasce e matura nel tempo una soluzione che mantenga inalterata la funzione seppur riducendone gli spazi e allarghi gli orizzonti del laboratorio, permettendo così la nascita dell’attuale LUZZATI LAB.

Già dal nome dello spazio si evince la volontà di mantenimento, di ricordo e di dedica ad un artista che tanto rappresenta per il teatro.

L’intervento per cui rientra quasi in un opera di “restauro conservativo” della memoria e soprattutto lo spazio regalava così tante emozioni ed esperienze che sarebbe stato sbagliato cancellare con un progetto ingombrante: la pavimentazione originale è un tavolato ligneo in massello che portava con se colori, schizzi, tagli e segni dell’opera artistica e di lavoro che è valsa la pena ricordare, per cui si è proceduto esclusivamente con una leggera lamatura e la stesura di un impregnante naturale a finitura opaca per preservare la materialità del legno.

a soffitto la presenza di una struttura in ghisa e legno è stata portata a nuova vita con accurata pulizia e stesura di colore a base ferromicacea per le parti metalliche mentre un impregnante per le parti lignee.

Rifatti intonaci con colore bianco, leggermente sporcato e nella parete di nuova costruzione, la vera divisione tra il laboratorio e la nuova parte multifunzione sono stati applicati pannelli in listelli lignei con molteplice funzione estetica, acustica e funzionale alle possibili mostre.

L’impianto elettrico è stato realizzato in canaline metalliche ti tipo aperto per garantire la massima flessibilità: l’illuminazione principale è affidata ad una serie di lampade a globo a led sospesi con utilizzo di cavi tessili di colore rosso.

Il sistema di illuminazione è stato studiato a settori e con sistemi dimerabili per garantire un giusto gradi di illuminazione in base all’uso.

Inoltre è stato rivisto l’esterno con una generale opera di manutenzione ordinaria, creato uno spazio esterno di sosta con “giardino zen” con ciottoli di fiume ed è stato ideato nome e logo.

Lo spazio viene inaugurato nel decimo anniversario della morte dell’artista e ad oggi è sala espositiva, laboratorio di idee, centro di formazione per nuovi talenti e centro di aggregazione per giovani e ragazzi.

Il progetto nasce da una stretta collaborazione tra la committenza, in particolare lo scenografo Emanuele Conte e il direttore artistico Amedeo Romeo grazie a sensibilità e caparbietà siamo riusciti a intraprendere e portare a termine un progetto importante non solo per il Teatro ma per la città e la comunità tutta.